Il sole battente e la “promo gratuita” ministeriale sicuramente ci stanno mettendo del loro. La Città di Melfi ed il Museo Archeologico del Melfese all’interno del Castello Federiciano sono stati meta principale di tanti turisti dalla vicina puglia e campania questa mattina. Inoltre non sono mancati, come accade da diverso tempo, decine di turisti giunti dall’estero.
Il museo archeologico cittadino, come accade tutte le settimane dal martedì alla domenica, rispetta il turno continuato dalle 09:00 alle 20:00. Inoltre ai tanti che giungeranno in terra federiciana si consiglia vivamente di visitare:
- “Cattedrale (Duomo di Melfi)”: Voluta, fra il 1149 ed il 1150 da Ruggero II, è dedicata alla Madonna di Nazareth. Con le ristrutturazioni del 1480 e del 1723, al romanico si è sostituito il barocco. La facciata bianca e severa è divisa in due piani da un cornicione; sia la parte superiore che inferiore sono attraversate da lesene con capitelli corinzi. Al centro, il portale in pietra bianca è sormontato da due angeli che sorreggono una cornice ovale.
L’interno è a tre navate divise da due file di colonne a base quadrata da cui prendono origine cinque archi. Il pavimento è in marmo e pietre dure montate a quadri romboidali. Le navate laterali presentano un soffitto con volte a vela mentre la centrale ha un controsoffitto in cassettoni di legno dorato realizzato nel XVIII secolo dal vescovo Spinelli che vi fece apporre al centro il proprio stemma gentilizio. Al vescovo napoletano si devono anche il Pergamo ed il Trono entrambi barocchi ed in legno intagliato e decorato in oro. Risalendo dall’ingresso verso l’altare maggiore troviamo sulla destra sei preziosissime cappelle, mentre sulla parte sinistra, altre quattro. In fondo alla navata centrale, l’altare maggiore consacrato nel 1752. Di stile barocco è costruito con marmi pregiati a mo’ d’intarsio curvilineo. Nella parte posteriore dell’altare, il corpo di S. Teodoro martire traslato a Melfi dal vescovo Basta nel 1752. Alle spalle dell’altare maggiore il presbiterio e un coro ligneo risalente al 1500. A sormontare il coro, un organo a canne del 1700.
- “Il palazzo vescovile di Melfi”: è un imponente fabbricato adiacente alla cattedrale, cui si accede da piazza Duomo attraverso tre grandi ingressi. Il portone centrale apre sul cortile maggiore, sul quale si affacciano gli uffici della Curia e gli ambienti che os
pitano la Biblioteca e l’Archivio vescovile. Al centro si trova una grande fontana barocca in pietra chiara. L’Archivio conserva importante documentazione storica della Mensa vescovile e del Capitolo della Cattedrale, con particolare riferimento ai secoli XVI-XIX. Custodisce anche un fondo diplomatico di circa duecento pergamene della stessa epoca. Le pergamene medievali sono invece custodite nell’Archivio Segreto Vaticano e sono state oggetto di un progetto di divulgazione multimediale in corso di pubblicazione. L’Archivio vescovile è accessibile su richiesta, negli orari d’ufficio. Il Museo Diocesano, infine, occupa l’ala meridionale del Palazzo Vescovile ed è accessibile dal portone destro posto lungo la facciata principale su piazza Duomo. L’esposizione si sviluppa su due livelli: piano terra e piano nobile, cui si aggiungono il cortile d’accesso e il giardino posteriore.
-
“Chiese Rupestri”: la più organica dal punto di vista strutturale è quella di SANTA MARGHERITA interamente scavata nel tufo, risalente al 1200. Scoperta da Gian Battista Guarini, è a una sola navata ed è affrescata su tutte le pareti tranne nelle cappelle vicine alla zona absidale. Sono raffigurati l’arcangelo Michele, la Madonna con Bambino, S. Giovanni Battista, Cristo in Trono, S. Basilio, S. Nicola e, nella volta absidale, il Cristo Pantocratore. Nell’affresco di S. Margherita, sopra all’altare principale, e in quello di S. Lucia e S. Caterina si innestano alcune suggestioni di gusto nordico. Sulle pareti di sinistra compaiono scene dei tre Martiri S. Andrea, S. Stefano e S. Lorenzo che assumono una posizione cardine nello sviluppo di un linguaggio che si va gradualmente spogliando delle reminiscenze bizantine e che sfocia nel ‘Contrasto dei Vivi e dei Morti’ in cui i ‘morti’ sono colti nell’atto di apostrofare i ‘vivi’. Tra i personaggi appaiono nella cappella tre figure laiche in tenuta da falconieri. Nel 1993 il napoletano, Raffaele Capaldo, ha sviluppato la tesi secondo cui i tre laici, sarebbero i componenti della famiglia imperiale sveva: Corrado, figlio di Federico II, l’imperatore e sua moglie Elisabetta d’Inghilterra, in tenuta da falconieri in quanto Federico ‘doveva essere riconosciuto dai popolani che frequentavano l’umile chiesetta ed erano abituati a vederlo in tenuta venatoria’. Il messaggio è fin troppo palese. L’anonimo frescante intendeva ricordare attraverso l’orrore delle raffigurazioni, dal ghigno del teschio ai vermi che brulicano nel loro ventre, che la morte non risparmia nessuno, neppure gli imperatori.
- “La Fontana del Bagno” Via Bagno: costruita nel 1928, era usata dalle donne per lavare i panni e dagli uomini per abbeverare i cavalli e per far scorta d’acqua. Lì intorno all’anno 1000 vi era una delle principali Porte della città, chiamata appositamente “Porta Balnea“.
- “Le altre Porte della Città”: da non perdere sono le porte “Venosina” e “Calcinaia”. Quest’ultima ristrutturata da pochi anni e con una vista dall’alto dell’intera città senza eguali.